FRATELLI D’ITALIA RECANATI: “ANCORA FURTI A FONTI SAN LORENZO, SERVONO LE TELECAMERE”
Riceviamo ancora una volta segnalazioni e tristi notizie di furti avvenuti ai danni dei residenti di Fonti San Lorenzo e delle vie che si intersecano con quel quartiere cittadino. Non si sta parlando di una lontana area di campagna, ma di una delle comunità più popolose di Recanati, che merita di essere tutelata anche dal punto di vista della sicurezza. Già in passato abbiamo sollevato perplessità sul non aver installato delle telecamere di videosorveglianza perché ritenute “non idonee” dato il carattere “socio-educante” del quartiere, risposta frutto di una probabile confusione tra il quartiere – e i suoi cittadini – e il centro culturale lì presente. Qui non si parla più di essere socio-educanti o meno, ma si tratta di garantire l’incolumità di cose e soprattutto persone che vivono a Fonti San Lorenzo. Basta fare pochi passi e cambiare quartiere per capire l’importanza delle telecamere: è di pochi giorni fa, infatti, la notizia che una banda di ladri che ha svaligiato tre appartamenti a Piazzale Menechen sta per essere identificata e arrestata grazie proprio alla visione degli impianti di videosorveglianza. Se possiamo condividere e anche apprezzare l’impegno del Centro Culturale Fonti San Lorenzo dal punto di vista socio-educante, non crediamo sia possibile appaltare la sicurezza a un’associazione culturale. La sicurezza dipende esclusivamente dal Comune e dalle Forze dell’Ordine ed è opportuno che l’Amministrazione intervenga al più presto per il bene dei propri cittadini.
Quando un libro uscito in prima edizione quarant’anni fa resiste e viene riproposto intatto, come nel caso del saggio di Antonio Prete dedicato a Giacomo Leopardi (’Il pensiero poetante’, nel 1980 edito da Feltrinelli, ora da Mimesis), è segno che resta un fulcro fondamentale nella vastissima bibliografia su un protagonista oggetto di incessanti esplorazioni.
La prefazione era datata 1979. Prete, quarantenne, insegnava nella giovane Facoltà di Lettere di Siena, dove aveva esordito nel 1976 con un corso sulle ’Operette Morali’ e aveva proseguito poi con lezioni sullo ’Zibaldone’, sempre per la cattedra di Letteratura italiana moderna. Sicché si può dire che il volume nacque dal lavoro svolto nella vivace fucina di Fieravecchia. E anche per questo è stata messa in programma dall’Accademia degli Intronati, in collaborazione con i Fisiocritici, una conversazione che ha lo scopo di approfondire temi che aprirono un confronto su un nodo cruciale della fortuna critica del grande recanatese.
Con quello spiazzante titolo Prete tagliava corto con l’impostazione idealistica che regnava nella vulgata non solo scolastica. La distinzione più o meno rigida tra l’attività poetica e le meditazioni scientifico-filosofiche del geniale conte era da abbattere. Il pensiero si condensa e si esprime nei versi dei ’Canti’, come nella scrittura diaristica e progettuale dello ’Zibaldone’. Il confine disciplinare dei generi era da abolire ed era piuttosto da mettere in risalto l’intreccio costante tra idee e posizioni proprie dei famosi Idilli e le considerazioni sul prediletto Rousseau o su prodotti illuministici o su quelli canonici imposti da un’educazione severamente cattolica. In Leopardi il sogno di un pensiero che sfocia in poesia, sul modello dell’antica sapienza non era separabile dall’indagine del filosofo naturale. Se non pensiero negativo, era un pensiero interrogativo su un’ingannevole modernità.
Ed ecco i capitoli sul piacere irraggiungibile perché mosso da un desiderio illimitato e costretto, invece, alla finitezza e all’illusione dell’infinito. Via via che procede negli anni, Leopardi si sente estraneo all’ideologia romantica, si oppone al delirio dello spiritualismo, rifiuta le rassicuranti previsioni di un progresso quantitativo e geometrico, approda con ’La ginestra’ a un nichilismo combattivo che invoca la solidarietà del genere umano contro il male ch’è nel mondo. Il fiore della poesia nasce da un pietrificato deserto. Prete sottolinea oggi che quando scrisse il libro i riferimenti suoi erano Benjamin, Adorno, la Scuola di Francoforte e, tra i francesi, Blanchot, Barthes, sopra tutti Michel Foucault. Il titolo era ritagliato da un articolo del discusso Heidegger su Hölderlin e Rilke. Sarà interessante interrogare dopo tanti anni l’autore di quel rivoluzionario saggio cult. La conversazione, aperta al pubblico, domani, ore 17, all’Accademia dei Fisiocritici.
Roberto Barzanti