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Segni di luce – Al Politeama la mostra dedicata all’opera di Paolo Gubinelli
INAUGURAZIONE SABATO 2 APRILE 2022 ALLE ORE 17,30 – DAL 2 AL 30 APRILE
CON LA PRESENZA DELLA CRITICA D’ARTE PAOLA BALLESI
Carta piegata, incisa, tagliata, segnata, disegnata, colorata, graffiata, piagata, illuminata, oscurata, ombrata. La carta per Paolo Gubinelli è la superficie ideale, lo spazio più ricettivo ma anche più reattivo, il campo di battaglia e la materia più duttile per un corpo a corpo con il linguaggio espressivo. E con essa l’artista gioca una partita lunga una vita perché c’è in palio il trofeo dell’immaginazione creativa che sfonda il muro della consuetudine e dell’acquietamento nell’abitudine per liberare il propellente energetico fatto di segni e significati, sogni e costrutti, le impalcature culturali che muovono il mondo.
La carta è infatti nel DNA dell’artista, e non poteva essere altrimenti, nato a Matelica la città che, insieme a Pioraco, fa parte del più importante distretto della carta dell’Italia centrale il cui storico centro nevralgico è la più famosa Fabriano.
Dunque fin dagli esordi nella seconda metà degli anni ’60, Paolo Gubinelli, marchigiano di nascita ma toscano di adozione, imposta la sua ricerca facendola virare dal più tradizionale supporto della tela al materiale cartaceo che sente congeniale ed adatto per approfondite indagini sulle incidenze della luce nelle sue infinite varianti e sull’articolazione dello spazio nelle sue molteplici relazioni strutturali. L’analisi dello spazio, a partire dalla percezione fino allo sfondamento virtuale, lo fa entrare in stretta sintonia col filone astratto-geometrico internazionale, con lo spazialismo e con il rigore delle sperimentazioni optical che facevano capo ai già affermatissimi Dorazio, Fontana, Manzoni e Castellani. Gubinelli li considera suoi maestri e naturali punti di riferimento, così come sente il fascino intellettuale della ricerca analitica sugli elementi primari di un linguaggio visivo elementare promossa dal minimalismo di matrice americana, da Newman a Reinhardt.
L’indagine puntuale sui gradienti percettivi del linguaggio visivo sperimentato sulla materia viva del supporto cartaceo hanno caratterizzato da sempre il suo lavoro che nel tempo ha registrato il passaggio, apparso attorno agli anni ’80, da una impronta inizialmente razionalista, per la presenza di una componente grafico-architettonica costante ed essenziale, a modalità espressive più aperte caratterizzate da una libertà narrativa fatta di segni muti meno rigorosi, ma tanto più eloquenti quanto più intriganti, innescata anche da certe seduzioni sulle infinite potenzialità del vuoto dell’arte orientale. Così se nella prima fase era il cartoncino bianco, morbido al tatto, con una particolare ricettività alla luce, ad essere inciso con una lama per creare strutture geometriche tridimensionali sensibilizzate al gioco luministico con piegature manuali lungo le incisioni, successivamente la ricerca spaziale avanzata attraverso linee e giochi cromatici, apre alle più svariate tecniche e a nuove materie come le creazioni in vetro propiziate dall’imprenditore e creativo mecenate Vittorio Livi. Mentre l’indagine sempre più puntuale sui generi cartacei, dalla grammatura al formato, lo porta a selezionare le superfici più svariate, da quadrate a tonde, da fogli a rotoli che diventano il luogo elettivo per dispensare tracce di passaggi esistenziali raccolti e disseminati in tessiture poetiche.
Infatti suggerisce Lara Vinca Masini “l’uso del segno colorato libero e gestuale crea un effetto di profonda suggestione lirica”, un incantamento che Gubinelli insegue da sempre sciogliendo in sequenze di pura poesia gli effetti luministici del colore, ” trame… di prezioso cromatismo”, come le chiama Enrico Crispolti.
Anche le opere più recenti presentano segni apparentemente indecifrabili ma eloquenti: graffi, tracce, impronte e colori che interrogano la nostra percezione, alcuni più decisi e forti, altri appena percettibili, ma aperti alla luce come impronte di lievi passi di danza modulati su accordi musicali che toccano le corde del sentimento.
Parlano dell’artista che si abbandona ad una vena espressiva sempre più libera per tradurre i suoi moti dell’anima, le eco montanti del suo sentire profondo scaturite in tonalità affettive che registrano i ritmi del cuore e l’ansimare delle sue passioni nella variazione tonale del colore e nelle impronte del segno sciorinate in liriche partiture musicali. Su questo fertile terreno della creatività e della poesia è così avvenuto nel tempo anche il naturale incontro con grandi letterati e poeti come Cesare Vivaldi, Luzi, Spaziani, Merini, Zanzotto, Loi, solo per citarne alcuni, che sono diventati suoi compagni di strada. Hanno condiviso con lui l’enigmatico tracciato del percorso esistenziale che Paolo Gubinelli da più di mezzo secolo tenta di rischiarare e rendere più agevole con il calore e il colore dei suoi “Segni di luce.”