Nel mese di aprile del 1980 si spegneva a Parigi Jean-Paul Sartre, scrittore e filosofo, considerato uno dei massimi esponenti, nonché il fondatore, dell’esistenzialismo.
Ai suoi funerali partecipò una folla sovrumana, si stima che vi fossero cinquantamila persone.
Fu sepolto a Parigi nel cimitero di Montparnasse, dove ora riposa accanto alla compagna di una vita Simone de Beauvoir che affermò che per tutta la vita Sartre non aveva fatto altro che “Pensare contro se stesso”.
Una definizione che forse meglio di ogni altra riesce a darci la misura della mente eccelsa e della smisurata capacità di pensiero di Jean-Paul Sartre, massimo esponente dell’esistenzialismo francese che dedicò la vita alla riflessione sulla vita.
Per tutta la vita Sartre aveva cercato di spiegare il concetto di esistenza, che raggiunse la massima teorizzazione nel suo libro-capolavoro La nausea (1938). Nelle intenzioni originarie dell’autore il libro doveva esprimere la “contingenza dell’umano”. Ne risultò una sorta di diario filosofico nel quale lo scrittore affermava l’angoscia connaturata alla condizione umana e, al contempo, la responsabilità dell’uomo chiamato ad agire secondo una morale. È proprio l’agire morale, dunque, che limita l’angoscia esistenziale arginando il baratro dell’assenza di senso.
La nausea di Sartre è una dimensione metafisica e un atteggiamento psicologico nei confronti dell’esistenza. Non è un malessere transitorio, ma una costante, un turbamento perenne che non lascia scampo agli esseri mortali.
Nelle pagine finali de La nausea troviamo un passaggio chiave nel quale Jean-Paul Sartre descrive l’esistenza in questi termini:
L’esistenza non è qualcosa che si lasci pensare da lontano: bisogna che v’invada bruscamente, che si fermi su di voi, che vi pesi sullo stomaco come una grossa bestia immobile – altrimenti non c’è assolutamente più nulla.
…e Leopardi ? Ci sono poi ancora le interpretazioni moderne che vogliono vedere in Leopardi addirittura un antesignano del nichilismo esistenzialista (alla Nietzsche, Heidegger e Sartre) …ci sono le interpretazioni altrettanto moderne – ma abbastanza di minoranza (tra le quali quella autorevolissima di Ceronetti) – che vogliono vedere in Leopardi un tendenziale gnostico. Ed il riferimento testuale principale sarebbe qui addirittura il Libro biblico dell’Ecclesiaste, ossia il testo nel quale una volta per tutte è stata decretata la fondamentale «vanità» del mondo (con tutto ciò che esso contiene).