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… la ricorrenza del 1° maggio, la Festa dei Lavoratori, con una significativa poesia di Jacques Prévert dedicata alle lotte operaie.

by Roberto Tanoni

… la ricorrenza del 1° maggio, la Festa dei Lavoratori, con una significativa poesia di Jacques Prévert dedicata alle lotte operaie.

Lo sforzo umano fu composta nel 1946 ed è contenuta nella raccolta più nota del poeta francese, Paroles, pubblicata nel Secondo dopoguerra. 
Grazie al suo ritmo scandito e molto musicale la poesia fu in seguito tradotta in una canzone da Serge Reggiani che la inserì nell’album Poètes 2 et 3.

La lirica di Prévert deve essere letta innanzitutto come una denuncia. Nel componimento il poeta lancia il proprio atto d’accusa contro una società iniqua basata su profonde disuguaglianze di classe. Una società che non difende i propri lavoratori ha già perso in partenza, sembra affermare il poeta, facendosi quindi voce per levare il grido di protesta inascoltato di milioni di individui sfruttati, sottopagati, costretti a sacrifici e inenarrabili rinunce per vivere. Nel testo, seguendo l’onda del movimento surrealista, il poeta attacca con veemenza tutto ciò che rappresenta l’autorità.
E lo fa denunciando un metodo di lavoro ingiusto che disumanizza l’uomo anziché nobilitare le sue azioni.

 

Lo sforzo umano

di Jacques Prévert

Lo sforzo umano
non è quel bel giovane sorridente
ritto sulla sua gamba di gesso
o di pietra
e che mostra grazie ai puerili artifici dello scultore
la stupida illusione
della gioia della danza e del giubilo
evocante con l’altra gamba in aria
la dolcezza del ritorno a casa
No
Lo sforzo umano non porta un fanciullo sulla spalla destra un altro sulla testa
e un terzo sulla spalla sinistra
con gli attrezzi a tracolla
e la giovane moglie felice aggrappata al suo braccio
Lo sforzo umano porta un cinto erniario‎
e le cicatrici delle lotte
intraprese dalla classe operaia
contro un mondo assurdo e senza leggi
Lo sforzo umano non possiede una vera casa
esso ha l’odore del proprio lavoro
ed è intaccato ai polmoni
il suo salario è magro
e così i suoi figli
lavora come un negro
e il negro lavora come lui
Lo sforzo umano non ha il “savoir-vivre”‎
Lo sforzo umano non ha l’età della ragione
lo sforzo umano ha l’età delle caserme
l’età dei bagni penali e delle prigioni
l’età delle chiese e delle officine
l’età dei cannoni
è lui che ha piantato dappertutto i vigneti‎
e accordato tutti i violini
si nutre di cattivi sogni
si ubriaca con il cattivo vino della rassegnazione
e come un grande scoiattolo ebbro
vorticosamente gira senza posa
in un universo ostile
polveroso e dal soffitto basso
e forgia senza fermarsi la catena
la terrificante catena in cui tutto s’incatena
la miseria il profitto il lavoro la carneficina
la tristezza la sventura l’insonnia la noia
la terrificante catena d’oro
di carbone di ferro e d’acciaio
di scoria e polvere di ferro
passata intorno al collo
di un mondo abbandonato
la miserabile catena
sulla quale vengono ad aggrapparsi
i ciondoli divini
le reliquie sacre
le croci al merito le croci uncinate
le scimmiette portafortuna
le medaglie dei vecchi servitori
i ninnoli della sfortuna
e il gran pezzo da museo
il gran ritratto equestre
il gran ritratto in piedi
il gran ritratto di faccia di profilo su un sol piede
il gran ritratto dorato
il gran ritratto del grande indovino‎
il gran ritratto del grande imperatore
il gran ritratto del grande pensatore
del gran camaleonte
del grande moralizzatore
del dignitoso e triste buffone
la testa del grande scocciatore
la testa dell’aggressivo pacificatore
la testa da sbirro del grande liberatore
la testa di Adolf Hitler
la testa del signor Thiers
la testa del dittatore
la testa del fucilatore
di non importa qual paese
di non importa qual colore
la testa odiosa
la testa disgraziata
la faccia da schiaffi‎
la faccia da massacrare
la faccia della paura.‎
(Traduzione italiana di Giandomenico Giagni)

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