A Napoli è stato scoperto un manoscritto giovanile autografo di Giacomo Leopardi (Recanati, 1798 – Napoli, 1837), ritrovato nel fondo leopardiano della Biblioteca Nazionale di Napoli.
Risalente con ogni probabilità del 1814, il manoscritto giovanile passato inosservato, e dunque inedito, è stato intercettato da Marcello Andria e Paola Zito che ne hanno curato la pubblicazione per i tipi di Le Monnier Università. Il manoscritto è stato pubblicato nel volume Leopardi e Giuliano imperatore. Un appunto inedito dalle carte napoletane, che sarà presentato proprio a Napoli alla Biblioteca Nazionale (Sala Rari) martedì 3 maggio, alle ore 16, con interventi di Maria Iannotti, Giulio Sodano, Francesco Piro, Rosa Giulio, Silvio Perrella, Lucia Annicelli.
L’inedito conferma l’importanza della raccolta leopardiana napoletana che si presenta sempre più completa, mettendo a disposizione degli studiosi un panorama integrale dell’opera di Giacomo Leopardi. Si tratta di un “quadernetto” formato da quattro mezzi fogli, ripiegati nel mezzo in modo da ottenere otto facciate, recanti una lunga e fitta lista alfabetica di autori antichi e tardo antichi (circa 160 i lemmi), ciascuno dei quali seguito da una serie di riferimenti numerici (oltre 550 nel complesso). Siamo di fronte ad uno scritto di Leopardi appena sedicenne, assiduo frequentatore della biblioteca paterna, che realizza un accurato e capillare spoglio dell’Opera omnia di Giuliano imperatore, ricorrendo all’autorevole edizione di Ezechiel Spanheim, apparsa a Lipsia nel 1696.
Giacomo, che soltanto l’anno prima aveva cominciato a studiare il greco da autodidatta, perlustra assiduamente i migliori esemplari della biblioteca paterna, e l’autografo ci mostra come benché giovanissimo fosse già uno studioso abile e curioso e avesse già un accurato metodo di lavoro, che avrebbe rappresentato la caratteristica costante del percorso leopardiano.
Gli anni in cui il giovane Leopardi si accosta alla lettura di Giuliano rappresentano una tappa significativa nel percorso di rivalutazione della figura dell’Apostata, per lungo tempo offuscata dalla condanna pressoché unanime degli storici della fino alla metà del XVI secolo e riscoperta nel Settecento ad opera soprattutto degli illuministi (Montesquieu, Diderot, Voltaire) ma accolta in Italia, fra attestazioni di stima e dichiarata ostilità. Richiami all’opera dell’imperatore filosofo neoplatonico ricorreranno anche in seguito nell’opera leopardiana: in particolare nelle Operette morali (nei Detti memorabili di Filippo Ottonieri) e nello Zibaldone, in alcune esercitazioni di carattere filologico.
Il volume edito da Le Monnier approfondisce il senso del binomio di Giacomo Leopardi e l’Apostata, in una prospettiva interdisciplinare attraverso i saggi di Marcello Andria, Daniela Borrelli, Maria Luisa Chirico, Maria Carmen De Vita, Stefano Trovato, Paola Zito che conducono le loro riflessioni sul piano storico-filosofico dal IV secolo d.C. all’Illuminismo e oltre, nonché sul piano filologico indagando nelle pieghe di un tessuto lessicale e concettuale denso e significativo.
Nella foto, due pagine del quadernetto inedito.