Il 5 maggio è una data molto importante, nonché il titolo di una delle poesie più famose di Alessandro Manzoni…attraverso parafrasi e spiegazione per comprenderla meglio.
Il titolo dell’ode prende il nome della data di un giorno ben preciso, il 5 maggio 1821, giorno in cui muore Napoleone Bonaparte durante il suo esilio sull’isola di Sant’Elena.
Manzoni, profondamente colpito dalla morte di questa figura così importante, compone l’ode in tre giorni, mettendo in risalto le battaglie e le imprese dell’ex imperatore, nonché la fragilità umana e la misericordia di Dio. Il componimento poetico, nonostante l’ostacolo incontrato con la censura austriaca, riscuote grandissimo successo e viene pubblicato da un editore torinese e tradotto in varie lingue.
Di base il poema si può suddividere in tre parti:
- la prima, composta da quattro strofe (vv. 1-24), presenta il tema;
- la seconda, composta da dieci strofe (vv. 25-84), ripercorre l’epopea napoleonica;
- l’ultima, composta da quattro strofe, riporta le conclusioni e pertanto le riserve morali e religiose.
ll cinque maggio di Manzoni: la metrica
ll cinque maggio è un’ode composta da 108 versi raggruppati in strofe da sei settenari:
- il primo, il terzo e il quinto settenario sono sdruccioli (l’accento è sulla terzultima sillaba) e non sono rimati;
- il secondo e il quarto rimano fra loro e terminano con una parola piana;
- il sesto è tronco e rima con l’ultimo verso della strofa successiva.
- i settenari sono rimati secondo lo schema ABCBDE.
Nel testo si alternano due tempi verbali:
- il passato remoto, utilizzato per indicare la grandezza delle imprese e una realtà compiuta;
- il presente, che invece indica il tempo in cui l’autore scrive, una realtà in cui tutto si è spento; il presente indica anche il tempo della fede, il tempo di Dio, ovvero un tempo immutabile e divino, eterno.
Il 5 maggio di Manzoni: le tematiche affrontate
Le tematiche principali affrontate dall’ode sono due: la prima riguarda le opere gloriose che Napoleone ha compiuto in vita, la grandiosità delle sue conquiste e l’eccezionalità della sua personalità e figura; la seconda riguarda l’esilio del condottiero, che attraverso la preghiera e la contemplazione di Dio ha conciliato la riflessione spirituale.
La sconfitta di Napoleone e la sua sofferenza nei duri giorni dell’esilio, diventano un momento di riflessione e di pace spirituale, se vissute cristianamente e attraverso la fede. Napoleone, nei suoi ultimi giorni, doveva essersi rifugiato nella preghiera e doveva essersi avvicinato a Dio.
Il 5 maggio di Manzoni: testo, parafrasi e figure retoriche strofa per strofa
Ei fu. Siccome immobile,Dato il mortal sospiro,Stette la spoglia immemoreOrba di tanto spiro,Così percossa, attonitaLa terra al nunzio sta,
Egli fu (è morto, è trapassato, non c’è più). E così come immobile, dato che ha spirato l’ultimo soffio vitale, si trova il suo corpo, privo di ricordi e della sua anima, così sconvolta, attonita, si trova la terra di fronte a questa notizia,
Figure retoriche
La terra è personificata (è “percossa”, “attonita” e poco più avanti “muta”). E tra la sua immobilità sconvolta e il corpo immobile di Napoleone ormai morto Manzoni instaura una similitudine.
Muta pensando all’ultimaOra dell’uom fatale;Nè sa quando una simileOrma di piè mortaleLa sua cruenta polvereA calpestar verrà.
(La terra) muta, mentre tutti ripensano alle ultime ore di quest’uomo inviato dal fato e nessuno sa dire quando un uomo simile tornerà di nuovo a calpestare la sua polvere cruenta, rossa del sangue delle battaglie.
Figure retoriche
Il ritmo di questa strofa è spezzato dai due enjambement presenti tra primo e secondo verso e tra terzo e quarto (“ultima / ora” e “simile / orma”). “Simile orma di piè mortale” è una sineddoche (Manzoni indica l’impronta dei piedi per indicare l’intera persona).
Lui folgorante in solioVide il mio genio e tacque;Quando, con vece assidua,Cadde, risorse e giacque,Di mille voci al sonitoMista la sua non ha:
Il mio genio di poeta ha visto Napoleone trionfante, sul soglio imperiale, ma ho taciuto, senza far poesia; anche quando, con sorte altalenante, fu sconfitto, tornò al potere e poi cadde definitivamente, non ho unito la mia voce al suono di tutte le altre, che cantavano di lui:
Figure retoriche
“Di mille voci al sonito” è un’anastrofe; tra primo e secondo verso si ha invece un iperbato.
Vergin di servo encomioE di codardo oltraggio,Sorge or commosso al subitoSparir di tanto raggio:E scioglie all’urna un canticoChe forse non morrà.
(Il mio genio poetico/la mia poesia) vergine di elogi servili o di insulti codardi, all’improvvisa morte di una figura così luminosa e potente si alza ora commosso e offre alla sua tomba un componimento che forse sarà eterno.
Figure retoriche
“Tanto raggio” è una metafora: per riferirsi a Napoleone, con la sua personalità tanto luminosa e potente, Manzoni usa direttamente un raggio di luce splendente.
“Subito / sparir” non sono solo spezzati da un enjambement, ma presentano anche un’allitterazione.
Dall’Alpi alle Piramidi,Dal Manzanarre al Reno,Di quel securo il fulmineTenea dietro al baleno;Scoppiò da Scilla al Tanai,Dall’uno all’altro mar.
Dall’Italia all’Egitto, dalla Spagna alla Germania le azioni rapidissime di quest’uomo seguivano il suo pensiero fulmineo, egli condusse imprese dalla Sicilia fino al Don, dal Mediterraneo all’Atlantico.
Figure retoriche
Questa strofa è costituita praticamente per intero da metonimie: Alpi, Piramidi, Manzanarre, Reno, Scilla e Tanai indicano in realtà l’intero paese geografico d’appartenenza; dal parallelismo “dal-al” e dalle anafore di “dal” (vv. 1, 2 e 6).
“Fulmine” e “baleno” sono due metafore, che indicano la rapidità con cui le azioni di Napoleone seguivano i suoi pensieri, nello stesso rapporto che c’è tra lampo e tuono.
Fu vera gloria? Ai posteriL’ardua sentenza: nuiChiniam la fronte al MassimoFattor, che volle in luiDel creator suo spiritoPiù vasta orma stampar.
La sua fu vera gloria? La risposta spetta a coloro che verranno: noi ci limitiamo a inchinarci umilmente a Dio (il Sommo Creatore), che volle fare di Napoleone un simbolo della potenza divina.
Figure retoriche
Dopo una sestina dal ritmo tanto serrato come la precedente, i versi rallentano all’improvviso, anche grazie ai numerosi enjambement (come “nui / chiniam” e “Massimo / Fattor”), all’iperbato che distanzia “volle” da “stampar” e all’anastrofe “del creator suo spirito”.
“Massimo Fattor”, inoltre, è un’antonomasia: Dio è il Creatore.
La procellosa e trepidaGioia d’un gran disegno,L’ansia d’un cor che indocileServe, pensando al regno;E il giunge, e tiene un premioCh’era follia sperar;
(Napoleone aveva) La gioia pericolosa e coraggiosa di un grandissimo progetto, l’insofferenza di un animo che serve il regno, ma pensa al potere. Quando realizza il suo obiettivo, ottiene un premio che sarebbe stato una follia ritenere possibile.
Figure retoriche
Spezzato dall’enjambement tra primo e secondo verso è presente un ossimoro (“gioia procellosa”). L’intera strofa è caratterizzata da spezzature tra i versi: “trepida / gioia”, “indocile / serve”, “premio / ch’era”.
Tutto ei provò: la gloriaMaggior dopo il periglio,La fuga e la vittoria,La reggia e il tristo esiglio:Due volte nella polvere,Due volte sull’altar.
Provò di tutto: la gloria, tanto più grande dopo il pericolo, la fuga e la vittoria, il potere regale e l’esilio. Due volte cadde, fu sconfitto, e due volte fu vincitore.
Figure retoriche
“Polvere” e “altare” sono due metafore che indicano rispettivamente la sconfitta e la gloria del trionfo. La loro ricorrenza è scandita dall’anafora di “due volte” e di “la”.
Ei si nomò: due secoli,L’un contro l’altro armato,Sommessi a lui si volsero,Come aspettando il fato;Ei fe’ silenzio, ed arbitroS’assise in mezzo a lor.
Egli da solo si nominò, e due epoche (secoli) tra loro opposte guardarono a lui sottomesse, come se lui avesse in mano il loro destino. Egli impose il silenzio e si sedette tra loro come un arbitro.
Figure retoriche
Da segnalare sono l’anafora di “ei” e il chiasmo tra secondo e terzo verso, in cui a incrociarsi sono le informazioni disposte attorno ai participi passati “armato” e “sommessi”.
E sparve, e i dì nell’ozioChiuse in sì breve sponda,Segno d’immensa invidiaE di pietà profonda,D’inestinguibil odioE d’indomato amor.
E (nonostante tanta grandezza) scomparve, e concluse la sua vita in ozio, prigioniero in una così piccola isola, bersaglio al contempo di immensa invidia e di rispetto profondo, di odio inestinguibile e di amore intenso.
Figure retoriche
“Immensa invidia” e “pietà profonda” sono disposte in chiasmo (prima aggettivo+sostantivo e poi sostantivo+aggettivo); “unestinguibil odio” e “indomato amor” costituiscono invece un parallelismo. Non solo: nel loro complesso questi versi costituiscono un’antitesi (Napoleone suscita contemporaneamente sentimenti opposti, disposti simmetricamente e in modo ravvicinato nel testo).
Come sul capo al naufragoL’onda s’avvolve e pesa,L’onda su cui del misero,Alta pur dianzi e tesa,Scorrea la vista a scernereProde remote invan;
Proprio come sulla testa del naufrago si avvolge pesante l’onda, la stessa onda su cui poco prima lo sguardo dello sventurato scorreva per cercare invano una spiaggia lontana,
Tal su quell’alma il cumuloDelle memorie scese!Oh quante volte ai posteriNarrar se stesso imprese,E sull’eterne pagineCadde la stanca man!
(Come l’onda sul naufrago…) Così su quell’anima si abbatté il peso dei ricordi. Ah, quante volte ha iniziato a scrivere le sue memorie per i posteri, ma su tutte quelle pagine la sua mano stanca cedeva continuamente!
Figure retoriche
Queste due strofe costituiscono una lunga similitudine, in cui Manzoni paragona la violenza delle onde che si abbattono su un naufrago al peso doloroso dei ricordi di che si abbatte su Napoleone.
Entrambe sono scandite da iperbati (“scorrea la vista a scernere / prode remote invan”), anastrofi (“stanca man”) ed enjambement.
Oh quante volte, al tacitoMorir d’un giorno inerte,Chinati i rai fulminei,Le braccia al sen conserte,Stette, e dei dì che furonoL’assalse il sovvenir!
E quante volte alla fine di un giorno improduttivo ha abbassato lo sguardo fulmineo, con le braccia conserte al petto, in balia dei ricordi dei giorni ormai andati.
Figure retoriche
“I rai fuliminei” sono una metafora dello sguardo attento e fulmineo di Napoleone; anche “morir del giorno” è una metafora (ma anche una personificazione), usata per indicare le ore serali.
E ripensò le mobiliTende, e i percossi valli,E il lampo de’ manipoli,E l’onda dei cavalli,E il concitato imperio,E il celere ubbidir.
E ripensò agli accampamenti militari in continuo movimento, con le tende e le valli colpite dai combattimenti; allo scintillare delle armi e agli assalti della cavalleria; agli ordini dati imperiosamente e alla loro rapida esecuzione.
Figure retoriche
La costante coordinazione per polisindeto e l’anafora di E contribuiscono al ritmo concitato della strofa. Tutti i termini, inoltre, sono disposti tramite parallelismi (“mobili tende” e “percossi valli”; “mapo de’ manipoli” e “onda dei cavalli”, “concitato imperio” e “celere ubbidir”).
Ahi! forse a tanto strazioCadde lo spirto anelo,E disperò: ma validaVenne una man dal cielo,E in più spirabil aerePietosa il trasportò;
Ah, forse di fronte a un ricordo tanto doloroso il suo spirito crollò e si disperò, ma ecco che arrivò prontamente l’aiuto di Dio, che lo condusse in una realtà più serena;
Figure retoriche
Gli ultimi due versi sono caratterizzati da un iperbato. Sono presenti due metafore: “man dal cielo” (Dio) e “spirabil aere” (regno dei Cieli).
E l’avviò, pei floridiSentier della speranza,Ai campi eterni, al premioChe i desidéri avanza,Dov’è silenzio e tenebreLa gloria che passò.
E lo guidò per i floridi sentieri delle speranze, verso i campi eterni, lo condusse alla beatitudine eterna, il premio supremo che supera ogni desiderio umano, lo guidò dove la gloria terrena non vale nulla e svanisce nel silenzio e nel buio.
Bella Immortal! beneficaFede ai trionfi avvezza!Scrivi ancor questo, allegrati;Chè più superba altezzaAl disonor del GolgotaGiammai non si chinò.
Bella, immortale, benefica Fede, abituata ai trionfi! Annovera anche questo tuo trionfo e gioisci, perché nessuna personalità più grande si è mai chinata davanti alla croce di Cristo.
Figure retoriche
Si apre qui l’apostrofe che chiude il componimento. Il “disonor del Golgota” è una perifrasi per indicare Gesù Cristo.
Tu dalle stanche ceneriSperdi ogni ria parola:Il Dio che atterra e suscita,Che affanna e che consola,Sulla deserta coltriceAccanto a lui posò.
Tu (Fede) allontana dalle ceneri di quest’uomo ogni parola meschina: il Dio che abbatte e rialza, che dà dolori e consola, è si è posato accanto a lui, sul materasso deserto.
Imponente, vero? A voi piace l’ode di Manzoni dedicata a Napoleone? (E se l’avete studiata a scuola, la ricordate ancora a memoria?)
Se volete vi aspettiamo nei commenti!