Domenica 8 maggio FESTA DELLA MAMMA. La poesia “La madre” che Giuseppe Ungaretti dedicò alla madre Maria
scritta in seguito alla morte della donna nel 1930 contenuta nella raccolta Il sentimento del tempo (Vallecchi, Firenze, 1933). Ungaretti scrisse la poesia nel 1929, in seguito alla morte della cara madre, Maria Lunardini. La Madre apparve per la prima volta sul numero del 16 giugno 1929 della rivista “Italia Letteraria” e fu datata direttamente dal poeta: «Marino, 1929». Ungaretti in quel periodo si era infatti trasferito nella provincia laziale, nel comune di Marino, e vi sarebbe rimasto fino al 1934.
Si tratta di un componimento che si discosta dai tratti caratteristici della poetica ungarettiana: presenta infatti versi in settenari ed endecasillabi, un periodare più articolato e complesso che sembra dimenticare la ricerca della “parola assoluta” e la “tecnica del frammento” che caratterizzano la scrittura dell’autore.
La madre viene spesso collocata nella fase di “ritorno all’ordine” della poetica ungarettiana che segna l’abbandono dello sperimentalismo ermetico e il riavvicinamento alla metrica classica. La lirica inoltre ci fornisce una preziosa testimonianza del riavvicinamento al cristianesimo di Ungaretti, l’elemento religioso è infatti predominante in questi versi.
La poesia si presenta come un componimento struggente dal valore eterno: racconta il dialogo ultraterreno tra una madre e un figlio. I due sembrano ricongiungersi finalmente in una dimensione metafisica, oltre il confine tra morte e vita. Il loro commovente incontro sembra ribadire quel legame viscerale, unico, totalizzante che lega una madre ai suoi figli, come un cordone ombelicale invisibile che non si spezza mai veramente e non conosce morte.
Il finale solenne poi rieccheggerà a lungo nella mente di un lettore, perché in un solo folgorante verso Ungaretti è riuscito a racchiudere il significato e lo struggimento dell’attesa.
Scopriamo testo, parafrasi e analisi della poesia.
La madre
di Giuseppe Ungaretti
E il cuore quando d’un ultimo battito
avrà fatto cadere il muro d’ombra
per condurmi, Madre, sino al Signore,
come una volta mi darai la mano.In ginocchio, decisa,
Sarai una statua davanti all’eterno,
come già ti vedeva
quando eri ancora in vita.Alzerai tremante le vecchie braccia,
come quando spirasti
dicendo: Mio Dio, eccomi.E solo quando m’avrà perdonato,
ti verrà desiderio di guardarmi.Ricorderai d’avermi atteso tanto,
e avrai negli occhi un rapido sospiro.
figure retoriche usate da Ungaretti
- Allitterazione: la ripetizione della consonante “r” sembra scandire la poesia dandole ritmo e nell’ultimo verso sembra ripetere il suono del sospiro “ricorderai/rapido/sospiro”;
- Anastrofe: nel primo verso vi è l’inversione dell’ordine naturale delle parole “E il cuore quando d’un ultimo battito”;
- Analogia: il “cuore” viene evocato come uno strumento demolitore, come il se il suo ultimo battito dovesse far crollare il muro: il “muro d’ombra” citato nel secondo verso è invece un riferimento all’aldilà;
- Similitudine: “come una volta mi darai la mano”; “come già ti vedeva”; “come quando spirasti”;
- Sinestesia: il solenne verso finale accosta due sfere sensoriali contrapposte “avrai negli occhi un rapido sospiro”, il sollievo viene percepito attraverso lo sguardo, la percezione visiva.