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Prof. Vittorio Capuzza ‘UN NUOVO AUTOGRAFO LEOPARDIANO “SOPRA LA RIPUTAZIONE DI Q. ORAZIO FLACCO PRESSO GLI ANTICHI” CON IGNOTE NOTIZIE AUTOBIOGRAFICHE’

by Roberto Tanoni

 

Segnaliamo la recente edizione del Prof. Vittorio Capuzza   ‘UN NUOVO AUTOGRAFO LEOPARDIANO “SOPRA LA RIPUTAZIONE DI Q. ORAZIO FLACCO PRESSO GLI ANTICHI” CON IGNOTE NOTIZIE AUTOBIOGRAFICHE’ che con piacere  pubblichiamo!
(ISBN 978-88-255-3810-6, edito da Aracne Gioacchino Onorati editore, collana Oggetti e soggetti [n. 68], Roma, novembre 2020)

 

Tra le carte custodite dalla Biblioteca Nazionale di Napoli, sezione
manoscritti, l’Autore del saggio ha scoperto un inedito e ignoto scritto leopardiano (una pagina interamente scritta e poche righe vergate nel verso – C.L. XV. 38. c., intitolato «Sopra la riputazione di Q. Orazio Flacco presso gli antichi») che, stando al titolo, doveva avere funzione avantestuale al ‘Discorso sulla fama di Orazio’ poi pubblicato nello Spettatore del 15 dicembre 1816. Nel contenuto Leopardi esprime in poco più di una pagina manoscritta alcune osservazioni relative sia alle dispute letterarie della Francia
del XVIII secolo, con particolare accenno alle argomentazioni di Anne Dacier (1647-1720, fu traduttrice di Omero già nel 1699), sia a una struttura su «tre stati» del procedimento che gli «spiriti
grandi» seguono nel rapportarsi con gli scrittori antichi.
Compaiono in questa seconda sezione dell’autografo degli interessanti e ignoti aspetti autobiografici di Giacomo Leopardi (risalenti al 1816, anno nel quale Capuzza fa risalire la
composizione del manoscritto), sempre riferiti al proprio rapporto con i classici e che accennano anche alla fase della propria ribellione verso quelle Lettere. In tal senso, particolarmente efficace è senza dubbio l’affermazione vergata a proposito di Omero dal giovane Leopardi nell’inedito manoscritto che
ora è tornato alla luce: «Nel tempo della mia ribellione era bello vedere come io farneticava, e la facea da smargiasso e menava furia contro la pedanteria. Aborriva Omero non come poeta ma come tiranno delle Lettere».
Dopo la descrizione dell’autografo mediante un apparato critico, interessanti linee ermeneutiche sono percorse dall’Autore nell’esaminarne i contenuti e per individuare la probabile funzione del manoscritto, non esclusa quella di servire come base per la partecipazione di Leopardi, attraverso la rivista milanese Biblioteca Italiana, alla disputa sorta proprio nel 1816 fra classicisti e romantici.
Questa carta, rinvenuta quindi fra quelle che Giacomo portò con sé a Napoli, è da iscriversi ora nelle Opere edite del Leopardi e il suo contenuto costituirà un ulteriore fondamento per gli studi
riguardanti il grande Poeta.

Vittorio Capuzza è docente titolare di Grammatica e storia della lingua italiana nell’Università Europea di Roma, ove collabora anche per i corsi di Letteratura italiana e di Didattica
della letteratura italiana. Svolge la propria attività anche presso l’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”. È socio ordinario del Centro Nazionale di Studi Leopardiani –CNSL di Recanati, con il quale ha collaborato dal 1998 al 2007 ed è associato all’ADI –Associazione degli Italianisti. È incaricato dalla Fondazione CRUI (Conferenza Rettori Università Italiane) per specifiche attività di
ricerca e didattica di Letteratura italiana. È dal 2019 Cavaliere al Merito della Repubblica Italiana. È direttore di diverse collane editoriali.

 

 

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