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Leopardi, i fantasmi di Firenze e…quelli di oggi!

by Roberto Tanoni

Storie di fantasmi cortesi e discreti delle piazze fiorentine

  Cita l episodio la prof.ssa  Elena Giannarelli, già docente di Letteratura cristiana antica presso l’Università di Firenze, studiosa di tradizioni fiorentine,  nel suo ultimo lavoro editoriale:    “Non è vero … ma ci credo – Spettri a Firenze” appena uscito in libreria per i tipi della Società Editrice Fiorentina.

Sarà perché i fantasmi fiorentini non fanno tanta paura: sono discreti e solitari, molto concentrati su se stessi, molesti solo se il vivente disturba il loro eterno rimuginare. Non sono dunque le presenze inquietanti, spesso terrificanti, sempre arcigne e malevoli delle ghost stories anglosassoni.

La natura sostanzialmente inoffensiva degli spettri fiorentini, a meno che non incontrino persone particolarmente impressionabili, deriva molto probabilmente dal loro rango nobiliare se non per genealogia, certo per cultura.

Nel libro, fra i tanti, viene citato quello  legato a presunti (poi smascherati) spettri fiorentini come quello che vede per protagonista  Giacomo Leopardi. Il Poeta nei Pensieri riporta “una storiella” della sua permanenza fiorentina accaduta in via Buia, che all’epoca era la parte iniziale di via dell’Oriuolo, da piazza del Duomo. In una stanza oscura dietro una finestra un’ombra che sembrava  una donna vestita di nero  muoveva le braccia: “Ih, la fantasima”, gridava la gente che si era fermata a osservare la strana apparizione.

Ecco il brano dai PENSIERI (IV), dove Leopardi racconta di un’avventura capitata all’amico Antonio Ranieri:

Questo che segue, non è un pensiero, ma un racconto, ch’io pongo qui per isvagamento del lettore. Un mio amico, anzi compagno della mia vita, Antonio Ranieri, (….) abitava meco nel 1831 in Firenze. Una sera di state, passando per Via buia, trovò in sul canto, presso alla piazza del Duomo, sotto una finestra terrena del palazzo che ora è de’ Riccardi, fermata molta gente, che diceva tutta spaventata: ih, la fantasima! E guardando per la finestra nella stanza, dove non era altro lume che quello che vi batteva dentro da una delle lanterne della città, vide egli stesso come un’ombra di donna, che scagliava le braccia di qua e di là, e nel resto immobile. Ma avendo pel capo altri pensieri, passò oltre, e per quella sera né per tutto il giorno vegnente non si ricordò di quell’incontro.

L’altra sera, alla stessa ora, abbattendosi a ripassare dallo stesso luogo, vi trovò raccolta più moltitudine che la sera innanzi, e udì che ripetevano collo stesso terrore: ih, la fantasima! E riguardando per entro la finestra, rivide quella stessa ombra, che pure, senza fare altro moto, scoteva le braccia. Era la finestra non molto più alta da terra che una statura d’uomo, e uno tra la moltitudine che pareva un birro, disse: s’i’ avessi qualcuno che mi sostenessi ‘n sulle spalle, i’ vi monterei, per guardare che v’è là drento. Al che soggiunse il Ranieri: se voi mi sostenete, monterò io. E dettogli da quello, montate, montò su, ponendogli i piedi in su gli omeri, e trovò presso all’inferriata della finestra, disteso in sulla spalliera di una seggiola, un grembiale nero, che agitato dal vento, faceva quell’apparenza di braccia che si scagliassero; e sopra la seggiola, appoggiata alla medesima spalliera, una rocca da filare, che pareva il capo dell’ombra: la quale rocca il Ranieri presa in mano, mostrò al popolo adunato, che con molto riso si disperse.

A che questa storiella? Per ricreazione, come ho detto, de’ lettori, e inoltre per un sospetto ch’io ho, che ancora possa essere non inutile alla critica storica ed alla filosofia sapere che nel secolo decimonono, nel bel mezzo di Firenze, che è la città più culta d’Italia, e dove il popolo in particolare è più intendente e più civile, si veggono fantasmi, che sono creduti spiriti, e sono rocche da filare. E gli stranieri si tengano qui di sorridere, come fanno volentieri delle cose nostre; perché troppo è noto che nessuna delle tre grandi nazioni che, come dicono i giornali, marchent à la tete de la civilisation, crede agli spiriti meno dell’italiana.

 Che cosa avrebbe detto, Giacomo, se avesse saputo che non solo nel suo secolo decimonono, ma anche nel ventunesimo, e presso le popolazioni più civili, c’è ancora chi vede e crede ai fantasmi….Non parliamo poi di quel che credono ancora oggi gli italiani…o che ci fanno credere!!!

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