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Un libro al giorno. “SONO NIENTE, COSA POSSO DIRE?”. GIOBBE, DOSTOEVSKIJ, LEOPARDI ETC.

by Roberto Tanoni

“SONO NIENTE, COSA POSSO DIRE?”. GIOBBE, DOSTOEVSKIJ, LEOPARDI ETC.

da Pangea

 

 Il libro di Giobbe di Guido Ceronetti

Nell’epistolario di Fëdor Dostoevskij edito dal Saggiatore   su una lettera del 10 giugno 1875, indirizzata alla moglie. “Leggo il libro di Giobbe e mi conduce a una dolorosa estasi; smetto di leggere e giro un’ora per la stanza, quasi in lacrime, e se non fosse per le orribili annotazioni del traduttore, forse, sarei felice.   Giobbe è il libro più possente del Testo Biblico: quello in cui l’umiliato, il vessato ingiustamente, si ribella alla legge imposta da Dio. È il grande libro dell’urlo e del nulla,..   Giobbe s’inchina, “Capisco: tu puoi tutto, l’impossibile per te è niente ….Sono niente, cosa posso dire? Con la mano mi chiudo la bocca”.  Per Giobbe l’uomo è niente, carne che si sradica il verbo di bocca … proprio questo niente, però, obbliga Dio a rivelarsi. Ogni morale è irritante perché Giobbe nasce per tacitare i moralisti: non è vero che il giusto è prediletto da Dio, la vita insegna che il perverso sovrasta il giusto, che la vita è male.

C’è molto Leopardi in Giobbe o meglio le parole di Giobbe entrano prepotenti nella vita del poeta recanatese. Ne sapeva molto Franco Foschi , onorevole e direttore del già  Centro Nazionale di Studi Leopardiani. L ideatore del Progetto Leopardi nel mondo usava lo pseudonimo di Francesco Job quando si firmava per gli Amici  in riferimento a San Francesco (quale cattolico!) e a Giobbe appunto, del testo Biblico. Foschi fu uno dei più profondi conoscitori dell’Opera leopardiana e molto riteneva che Leopardi prendesse da Giobbe: il vinto, il ribelle, il torturato da Dio anche nei suoi affetti (Dio permise che i suoi figli, tutti morissero), ma sempre alla fine convinto che bisogna piegarsi alla Sua volontà  ….

Secondo Carducci, Giacomo Leopardi è “il Job del pensiero italiano”.

Leopardi, piuttosto, si esercita a tradurre il libro di Giobbe –  c’è chi crede che la carta sia del 1816, chi posteriore al ’21. Il poeta attacca così. Io credo che sia del 16 il perido dello ‘studio matto e disperatissimo’!:

Uom fu che ’l mal fuggia che Dio temea,

Retto, illibato in Us. Giobbe ’l nomaro.

Sette figliuoli e tre figliuole aveva.

Fu l’aver suo divizioso e raro…

Leopardi traduce solo un brandello della leggenda originaria di Giobbe. Da essa sappiamo che il giusto è conteso per gioco tra Satana e Dio, e che Dio concede infine a Satana di provare il suo ‘eletto’ fino all’umiliazione, fino all’estremo dolore – la perdita del possedimento, la morte dei figli, il corpo orribilmente piagato. Non esiste risarcimento a questo scherzo: il Dio sibillino   “ecco: quanto è suo è tuo, ma non ucciderlo”, e Satana tutto preda, tutto si prende…

Non andiamo oltre. Non siamo letterati e lasciamo a questi le deduzioni e la ricerca,  ma diamo solo degli input e sproniamo alla lettura del ritrovato lavoro di Ceronetti.

 

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