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Presso l’Auditorium Sant’Agostino di Civitanova Marche Alta si inaugura, l’antologica di Sergio Carlacchiani dal titolo: “La sublime e bestiale febbre creativa“. Opere dal 1973 al 2021.

by Roberto Tanoni

“Il Clamorosissimo”

Si è inaugurata Sabato 17 luglio 2021, alle ore 21.15, presso l’Auditorium Sant’Agostino di Civitanova Marche Alta si inaugura, l’antologica di Sergio Carlacchiani dal titolo: “La sublime e bestiale febbre creativa“. Opere dal 1973 al 2021.

Locandina/invito

Sacrificio (l’artista sciamano e l’effetto vita)

Tutto cominciò con una discussione tra amici, una chiacchierata o, se volete, una condivisione di segni-linguaggi interpretati con immaginazione attiva, finché a un certo punto fu pronunciata dall’artista la frase:<< […] Io sono uno strumento!>> In verità questo annuncio spontaneo conteneva già come microcosmo ben gravido tutto il testo che segue.

Per andare subito al punto senza tergiversare, Sergio Carlacchiani, “il Clamorosissimo“, incarna lo Zeitgeist facendo rivivere in sé la figura-archetipo dello sciamano-artista di preistorica memoria, o del poeta-sciamano se volete, che contiene la Melancholia del tempo, una melancholia figlia della manque (Lacan, Il Transfert), ovvero di una mancata pienezza di vita. L’artista-sciamano è il Guaritore, il Giardiniere, il Messaggero, il Visionario, il Servitore, il Mistagogo che scruta nelle viscere del tempo, che si smembra (e si smemora) per darsi in pasto, e che si sacrifica; che pratica la dissociazione rituale; che vuol mostrare all’Altro l’essenza che ha perduto e l’amore che ha disperso; che offre la cura, e si prende cura; che conosce il Pharmakon; che accoglie a braccia aperte e include ciò che si getta con naturalezza nella carne viva (Embodiment) e nel flusso della vita.

Lo sciamano-artista, o il poeta-sciamano (Morin, Sull’Estetica), si percepisce come strumento della comunità e non può che dare voce ai suoi tanti daimones… è dunque anche GiudiceFilosofoSacerdoteEsorcistaContenitoreConfessoreTotem, Psicopompo, Ierofante e plasmatore d’anime.

È la comunità stessa a creare l’artista sciamano, l’esperto di pratiche controritmo, isolandolo in modo inconsapevole sulla base di archetipi o pattern neurobiologici-antropologici e l’individuo prescelto sarà soggetto ritualmente a dissociazioni (nel senso psico-antropologico del termine), quello sarà il suo destino, non potrà sottrarvisi; l’attività dissociativa (traumatica, rituale o di routine) sarà la sua essenza, la sua musicalità corporea e psichica. Ed egli dovrà difendere le sue creature/creazioni anche in modo aggressivo se servirà, con parole dure, non eufemizzate, perché in realtà non sono propriamente sue creature quelle che secerne, ma coaguli dello zeitgeist da proteggere, testati per aprire nuove strade, nuovi orizzonti, nuove narrazioni; e per cambiare pelle, passando per la pelle dell’artista sciamano, che diventa così il grande apparato estetico-gustativo-digestivo del clan, pronto a  saggiare le affordances dell’ambiente, prima di offrire il pasto rituale agli affamati. Il poeta sciamano, che dopo la dissociazione pratica necessariamente l’apofenia spontanea, si predispone al gravoso compito di dare corpo ai pensieri non ancora pensati della comunità; in tal senso tutta la sua attività è profetica e niente affatto profana.

Scrive Rimbaud: <<Il poeta si fa veggente mediante un lungo, immenso e ragionato sregolamento di tutti i sensi>>. Il poeta veggente di Rimbaud è in realtà il poeta sciamano che mette in opera, rapito da un’agency ignota e tremenda, una decostruzione-dissociazione-scissione-sregolatezza dei pattern operativi dei sensi per sostituirli con altri più performanti, più aperti ad occasioni di vera vita, di Vita Vita appunto!

Quando l’artista sciamano si elettrizza, diventando una fune tesa (Nietzsche, Also spracht Zarathustra), un pensiero vibrante, un’immaginazione prensile, si attivano le potenzialità dissociative e quelle associative apofeniche volte a testare sul proprio corpo la qualità della tensione superficiale delle possibili mutazioni collettive; si attivano i pattern neurali della serendipità e della pareidolia; si attivano nell’artista sciamano, prima, poi si estendono alla comunità, colmando i vuoti della coscienza in via di maturazione.

Per l’artista sciamano (o per il poeta sciamano) il tempo non esiste, non esistendo il me stesso che ne viene corroso, o meglio, esiste un altro pattern figlio di Chronos: il tempo del sognatore, il tempo della Rêverie (che tra l’altro è il tempo della dissociazione naturale-rituale per eccellenza); notte e giorno non esistono più come fenomeni oggettivi, egli è al servizio della comunità, egli è un Pontifex, un mediatore, tra materia e spirito, tra individuo e massa, tra ragione e fede, tra bestia e superuomo, tra apollineo e dionisiaco, tra pietas ed empietà. Lo sciamano-poeta-pontifex (e perché no, anche maximus) ha come obiettivo quello di destare il sognatore per mostrargli la stupenda libertà di cui potrebbe godere; in tal senso assolve al compito di restituire dignità all’Uomo riducendone l’ansia e l’angoscia.

In Sergio Carlacchiani queste potenzialità dissociative e apofeniche coprono la più vasta gamma di possibilità comunicative-espressive di: immagine, parola, gesto, segno, evento, voce, declamazioni, corpo gestite tutte con una potente capacità evocativa, quella capacità evocativa che nel corso dei secoli ha avuto configurazioni diverse: LibidoArousalConatusAgencyHorméVolontàDionisiacoEnergiaÉlan vitalEsMana, e che puntano, nell’artista sciamano o nel poeta sciamano, ad evidenziare una volontà di servire l’Uomo in costruzione, l’Uomo in divenire. <<Io sono uno strumento>>. Le virtù apofeniche sviluppate dal poeta nella sua produzione dissociativa hanno come tema attrattivo, come culmine di visionarietà, la dignità dell’Uomo e la pena che patisce dovuta alla mancanza di tale dignità o al suo scivolare nella colpa.

L’opera e l’azione di Sergio Carlacchiani, dunque, presa nella sua interezza-compiutezza, e cioè non circoscritta solo alla pur straordinaria ed empatica produzione pittorica, mira con religiosa sacrificalità a rinsaldare il legame tra atto e destino personale. Anche in questo caso il poeta sciamano, attraverso il suo sacrificio cura la coscienza collettiva dimostrando che è possibile riacquistare il dominio del proprio destino ridestando il sognatore, il sé nudo che può plasmare la propria anima con piena responsabilità. L’iconografia dell’autore va letta con attenzione all’interno della weltanschauung che ho appena tratteggiato: solo in tal senso si comprendono i simbolismi catamorfi e nictomorfi, quelli soteriologici e sacrificali, quelli teriomorfi; le immagini della caduta, o quelle della vertigine; le icone della purezza e quelle ispirate al Locus amoenus; le ombre inquietanti, il grafismo eidetico e tutto ciò che gravita nella preziosa attività poetica, vocale, declamatoria, interpretativa che non può essere in alcun modo scissa da quella pittorica e grafica.

L’intera esposizione (se non addirittura l’intera biografia) dell’artista potrebbe infine essere identificata con una cosiddetta Vanitas, una variante colta di Sacrificio, ed avere una declinazione di carattere alchemico: Dal piombo all’oro… è trasmutazione della materia bruta, o dell’evento grezzo, in materia pensante (Leopardi, Zibaldone di pensieri); è sublimazione del me che diventa noi; è secrezione di coscienza collettiva; è consapevolezza di una fonte ignota di energia operante che travolge fellinianamente tutti gli io mediatori per tentare la forma del Dominator mundi, la sostanza che solve la manque e consente di raggiungere una pienezza di vita, di vera vita, di Vita Vita.

Ultima indiscrezione dal fortilizio, un’indiscrezione di buon senso: per capire Sergio Carlacchiani, leggiamo Sergio Carlacchiani, osserviamo e scrutiamo le sue opere,  ascoltiamo la sua voce, partecipiamo alle sue performances, pensiamolo nella sua complessità e condividiamo i suoi eventi, che sono stati creati per noi, per farci assaporare un grandioso e indimenticabile effetto vita.

Claudio Nalli, giugno 2021

Breve raccolta bibliografica di riferimento al testo:

F. Fellini, Il Satyricon di Fellini, 1969; G. Durand, Le strutture antropologiche dell’immaginario, 1972-2007; G. Leopardi, Zibaldone di pensieri, 1977; M. Eliade, Lo Sciamanesimo, 1983; S. Natoli, L’esperienza del dolore, 1986-2019; F. Nietzsche, Also spracht Zarathustra, 1986; A. Rimbaud, Opere, 1990; C. G. Jung, Analisi dei sogni, 2006; B. Spinoza, Etica, 2007; J. Lacan, Il Seminario, Libro VIII, Il Transfert, 2008; G. Bruno, Dialoghi filosofici italiani, 2009; P. M. Broomberg, Destare il sognatore, 2009; J. S. Grotstein, Il modello kleiniano-bioniano, 2011; J. J. Gibson, L’approccio ecologico alla percezione visiva; A. Tarkovskij, Scolpire il tempo,  2015 ; M. Foucault, Gli anormali, 2017; A. Leroi Gouran, Il gesto e la parola, 2018; E. Morin, Sull’Estetica, 2019; J. LeDoux, Lunga storia di noi stessi, 2020; A. Gell, Arte e agency, 2021; J. LeDoux, Ansia, 2021; A. Tonelli, Negli abissi luminosi, Sciamanesimo, trance ed estasi nella Grecia antica, 2021; A. Tonelli, Eleusis e Orfismo, 2021;

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