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Domenica 22 agosto alle 19 incontreremo il giornalista e scrittore Livio Ferrari per la presentazione
del suo ultimo libro Perché abolire le carceri. Le ragioni di No prison (Apogeo edizioni 2021).
Dialogherà con lui Italo Tanoni, già Garante dei diritti dei detenuti ex Ombudsman delle Marche.
La prigione umilia, annulla, stigmatizza e impone il dolore, la sofferenza, è crudeltà, crea la mancanza di responsabilità verso il proprio comportamento e aumenta la pericolosità di tutti coloro che vi transitano, che diventano a loro volta moltiplicatori irreversibili e potenziali della violenza ricevuta.
Il carcere ha una funzione falsa e puramente ideologica, perché finge di controllare, evitare e prevenire i reati, mentre li produce e riproduce, con effetti e livelli di sofferenza ben peggiori della maggior parte dei reati perseguiti dai condannati, per i quali viola sistematicamente i diritti fondamentali. Il carcere evoca l’annientamento del “criminale” che spaventa e fa passare il messaggio che quelli in libertà possono essere innocenti, mentre quelli imprigionati sono certamente colpevoli. Questo vale soprattutto per gli extracomunitari e i poveri che sono i più arrestati e reclusi rispetto al resto della popolazione, al punto che produce nella gente la convinzione che sono coloro che commettono più crimini. Il carcere è considerato come un male necessario,
nella mancanza di coscienza e conoscenza in generale, senza alcuna consapevolezza che provoca
più problemi di quanti ne risolve. Sembra non possa esserci alternativa ad esso, mentre è necessario
progettare la sua abolizione e sostituzione con forme diverse di gestione degli illeciti.
L’abolizione della prigione non è un’utopia. Il carcere è barbarie, in quanto vendicativo ed incurante della reale
esperienza delle persone, strumento dell’antica retorica del castigo. È necessario mettere in discussione la costruzione che il diritto penale produce degli atti illeciti, che sta a fondamento delle pene detentive, per operare un salto di paradigma, che conduca ad una conoscenza oggettiva dei fatti perseguiti e di chi li pone in essere, nell'ottica della reintegrazione e della ricostruzione dei legami sociali.
Continuare a sostenere il sistema carcerario significa in fondo autorizzare la pratica della vendetta di Stato e della sua violenza, con l’imposizione del dolore e della sofferenza ai ristretti. Non vi è alcun motivo di credere che lo spettro della prigione ridurrà la criminalità, è
pertanto assurdo ritardare la ricerca di soluzioni di non carcere. da http://www.livioferrari.it/
LIVIO FERRARI
Giornalista, scrittore e cantautore, esperto di politiche penitenziarie, fondatore e direttore dal 1988
dell’Associazione di volontariato “Centro Francescano di Ascolto” di Rovigo, fondatore e
portavoce del “Movimento No Prison” dal 2019, direttore responsabile della rivista dei detenuti del
carcere di Rovigo “Prospettiva Esse” dal 1997, autore dei volumi: In carcere, scomodi (Franco
Angeli Editore, 2007), Di giustizia e non di vendetta (Gruppo Abele, 2010), No Prison (Rubbettino,
2015), No Prison (EG Press, London, 2018, in lingua inglese), Basta dolore e odio. No Prison
(Apogeo Editore, 2018), Testimoni di prossimità (Edizioni Paoline, 2020) e autore degli album
musicali Orologi e Passioni (Edizioni Nota Music). È ideatore e regista dal 2006 dello spettacolo “Il
carcere in piazza”.