Precedentemente festa spontanea, nel 1617, grazie all’iniziativa del frate cappuccino anconitano fra’ Tommaso[8], l’usanza si diffuse capillarmente in tutte le Marche[9].
Al momento della definitiva ufficializzazione della festa (1624) queste erano le prescrizioni, descritte dallo stesso MONALDO LEOPARDI padre del poeta: sparo di mortai, suono di tutte le campane (alle 3,30 della notte, ora in cui la Santa Casa avrebbe toccato terra, fuochi sopra alle torri comunali, lumi a tutte le finestre, mentre grandi falò si accendono nei paesi, in tutti i rioni delle città e nelle aie di tutte le case di campagna.
Chi disponeva di un’arma da fuoco doveva sparare un colpo in aria, in segno di festa; di seguito veniva celebrata la “Messa della Venuta”. Ad Ancona durante la vigilia si digiunava, mentre la popolazione della provincia di Ascoli e di Fermo consumava un’abbondante pasto battezzato con il nome di “Nataletto” (Natalitte)[7].
Alla festa della Venuta del 1849 assistette anche GARIBALDI, che si trovava ad Ancona per chiedere ai circoli patriottici sostegno per la causa della Repubblica Romana…