“Sono nato nel più bel mese dell’anno (maggio) del 1952 e per grazia di Dio ancora sono vivo! Ho, quindi, 69 anni e scrivo ad una (per il momento ipotetica) sorella della quale mi è sempre stata taciuta, da parte della dannata mia famiglia, la sua esistenza!” Inizia così l’amaro e sorprendente racconto di Roberto Anconetani, conosciutissimo in città dove per molti anni ha svolto l’attività di messo comunale e collaboratore volontario di molte realtà associative recanatesi, dall’Università Permanete al corpo bandistico.
Anconetani, nel suo lungo sfogo su facebook, racconta di aver scoperto per caso, dopo 69 anni, di avere una sorella la cui esistenza gli è stata taciuta sempre sia dalla madre Amelia, morta ormai alcuni anni fa, sia dai suoi parenti più stretti. Lo ha saputo partecipando l’8 dicembre scorso al consueto pranzo annuale della Filatelica recanatese: qui una sua lontana parente, che conosceva molto bene sua madre, con la quale aveva un rapporto confidenziale, gli ha confidato che lui aveva una sorella più giovane di lui di tre o quattro anni. Ormai, rotto il muro di silenzio e di mistero, sono giunte anche altre testimonianze, come quella importante di una sorella della madre di Roberto Anconetani, che vive fuori regione. Lei è l’unica superstite della famiglia (le altre tre sorelle e un fratello nel frattempo sono deceduti), insieme ad un’altra sorella che è ricoverata, però, nella casa di riposo di Recanati con ormai compromesse capacità cognitive.
Entrambe conoscevano bene questa storia e sapeva di questa sorella di Roberto che sin dalla nascita è stata affidata forse ad un istituto o ad una famiglia. Nella storia di questa sorella, Anconetani ci rivede gran parte della sua stessa storia, anch’essa fatta di abbandono. Perché anche lui, quando nacque, venne lasciato dalla madre in custodia ad un istituto dei Frati Silvestrini dove è cresciuto sino a 16 anni, quando decise di abbandonare l’idea di indossare gli abiti talari e ritornare nella società, sposandosi e diventando padre. Lui, invece, suo padre non ha mai saputo chi fosse.
Siamo negli anni ’50 e allora non era facile per una ragazza nubile gestire una maternità fuori dal matrimonio: ecco perché la donna è andata a partorire a Roma sia nel ’52, quando è nato Roberto, sia successivamente quando è nata la bambina. Forse proprio il senso di colpa e di vergogna ha indotto la donna a prendere la decisione di vivere tutta la sua vita tenendo gelosamente nascosta la verità ed è inimmaginabile lo strazio che deve aver vissuto.
Ora l’unico desiderio di Roberto, che non riesce a capacitarsi del perché in tutti questi anni nessuno abbia mai sentito la necessità di svelargli questo mistero, è poter avere qualche notizia di questa sorella e con un pizzico di fortuna poterla anche incontrare. Forse il mistero è racchiuso negli archivi dell’ospedale Bambin Gesù di Roma dove la sorella è nata. Chissà, però, quale nome le venne affidato, si domanda Anconetani, perché a lui, quando nacque, gli venne dato il nome di Roberto e un cognome di fantasia. Fu lo zio Giulio, poi, ad imporre che lui portasse il cognome della madre, appunto Anconetani, e che non perdesse i contatti con la sua famiglia di origine.